Raccolta di valutazioni critiche sui dipinti

Sulla pittura di Arrigo Francesco Morsut di Haltranstadt

Un fondo romanzo “scorre sotto”, come un animato paesaggio interiore, ma innestato nella durée naturale a un tempo: fine, causa e sostrato delle cose. La vita qui non è solo morte. Non è solo un
post, un incubo da cui risvegliarsi. Molta arte è stata spesa in una direzione nichilistica dai primi decenni del novecento fino a noi. Una direzione, oggi divenuta così desolatamente ludica,

banale, senza ironia, che almeno aveva nel suo contesto Dada delle origini.

 

Morsut vira, e non è folclore! Ama e non gli basta…volge in arte la natura, secondo uno schema in cui essa trionfi liberata, “mista” come è, e come quasi mai è vista: ecco l’acqua, cielo capovolto e viceversa; ecco la terra definire e per converso sconfinare. E l’orizzonte?...uno spartiacque tra regioni che anzicchè opporsi sembrano parteciparsi per com-baciare.

 

La serie dei quadri, che poi sembra una, lo è come una differente ripetizione infinita.

 

I colori sono imbevuti d’acqua e d’aria e colti nel processo della loro genesi metamorfica, sono accesi di una passione che i limiti ostacolano. I colori sembrano incorporarli quei limiti però nella loro en-ergica espansione.

 

Marco Marangoni

A.F. Morsut di Haltranstadt, la cultura Mitteleuropea

Già lo dissi alla mostra di Gorizia di qualche anno fa. Alle spalle di questo artista c’è la cultura tedesca, perché non c’è dubbio, è certo un pittore colto. Potrei citare Wols o anche Klee, del primo l’angosciosa essenzialità, del secondo la cultura mitteleuropea e di ambedue per la scelta di quella luce fredda, ma così dilagante in senso orizzontale, collocata in un ordine di spazio scorciante dove i gialli e i rossi che incalzano lo spazio-natura vanno a prevalere sulla stessa, errabonda e frantumata come ricerca dell’infinito fuori anche dalle limitazioni del quadro. La visceralità esistenziale sempre di matrice colta, non certo primitiva, rimane sempre filtrata da una quasi morbosa sensibilità, si tratta di immagini che dalla realtà traggono soltanto una rispondenza del recupero soggettivo, poiché disponendo di una pulsante emotività di fronte alla natura che risente senza alcun dubbio delle componenti informali di un certo neo-naturalismo. Morsut di fronte a una realtà alienante, dove questa condizione ha sempre il sopravvento, non si pone in una posizione dissacratoria con la verifica dell’atto ideologico che implica azioni d’urto al contrario egli cerca all’interno di sé stesso le condizioni e le alternative dell’esistenza, il ritrovamento della verità del sogno e di esprimersi mediante il sentimento del dolore.

Tutto lo sforzo che si nota nei suoi dipinti è di raggiungere attraverso il colore il dramma interno che lo tormenta, egli riversa ogni pensiero nella pittura, per questa ragione è da considerarsi un artista.

Morsut non cerca di essere un falso astratto o un falso figurativo, pittori che oggi barano mascherando la figurazione o viceversa, è un disegnatore, è uno di quei rari artisti che cerca quello che sfugge e ci fa sfuggire alla volgarità, in sostanza la Poesia. La pittura dunque per Morsut è una vocazione come la poesia per il poeta, direi quasi un sacerdozio, una vocazione autentica che qualche volta rasenta la frenesia di chi è mosso dall’urgenza interno che lo costringe a esternare la fittissima schiera della immagini ed è questo tipo di pittura – poesia che resiste a tutte le ingiurie e a tutte le mode.

 

L. del Sal

A.F. Morsut di Haltranstadt, pittura di memoria

Sono passati molti anni, ma mi pare ancora di vederlo, Arrigo Morsut, intento a preparare la tavoletta di multistrato per l’esercizio di laccatura a tampone. Allegro, ironico, certe sue sparate erano esilaranti.

Dopo la scuola d’Arte siamo rimasti in contatto in una cordiale e affettuosa amicizia.

Ricordo la tesi di laurea: un grande parcheggio proiettato sul mare. E gli studi e le soluzioni ardite e interessanti sullo spazio interno degli edifici abitativi. E naturalmente la pittura. In tutti questi anni ho avuto modo di vedere molte cartelle di tempere su carta. Il colore vivace e luminoso, l’impianto semplice e lineare d’infiniti orizzonti che suggeriscono i grandi spazi della pianura friulana, il Fossalon, le foci dell’Isonzo, la laguna di Grado.

Il colore non è mai contrasto, ma abilmente fuso con tocchi diafani che ribadiscono la luminosità e la lontananza. Ogni elemento del paesaggio, che potrebbe essere caratterizzante è deliberatamente eliminato per dare risalto all’unico vero protagonista: lo spazio colore.

E’ una pittura di memoria; lo sforzo struggente di ritrovare il tempo felice dell’infanzia, di rivivere quelle esperienze con gli occhi incantati dell’innocenza il clima culturale del momento. In una temperie dove tutto, o quasi tutto, è in autentico e falso, queste visioni di Morsut sono toccanti per la loro freschezza e semplicità.

 

Cesare Mocchiutti

A.F. Morsut di Haltranstadt un’artista di frontiera

Fra i tanti pittori che si sono avvicendati nelle gallerie, Morsut mi semba il più vicino ad un’arte di frontiera. I suoi colori sono così solarim luminosi anche se avvicinati ad altri farebbero sembrare sbiadita e grigia qualsiasi altra pittura. Questa luminosità però è dovuta a un grande amore per la cromia, un’innata pulizia d’immagine pittorica che diventa istintiva per una sorta di candore d’animo. E’ chiaro che questa pittura si colloca nell’ambito di quel naturalismo-espressionismo nordico tipico dell’arte di frontiera del nord-est, lo abbiamo visto in Spazzapan prima e Afro poi. Non ardisco nel dire una potenza di colore e un tormento interiore che ricordo Vincent van Gogh. Un naturalismo quello di Morsut dal colore, come dicevo dall’inizio, piuttosto violento, acceso, mediterraneo, da paesaggio del sud, ripeto però con una matrice nordica.

Non dimentichiamo che Morsut è vissuto e si è formato in questo territorio e da un punto di vista artistico si presenta come una personalità non comune nel senso della pittura d’oggi che è quello di una conquista del reale oltre il territorio della natura vissuta alla superficie.

Non si può non vedere in queste composizioni di “natura una grande ricchezza di fantasia, un perenne tentativo di soluzione della crisi che oggi investe sia il naturalismo che tutte le altre forme della visione, perciò quest’arte si colloca come opposizione agli schemi delle mode e anche contro il banale naturalismo che imperversa in tutto il Nord - Est.

In conclusione possiamo dire che Morsut si muove all’insegna tra l’inquietudine che trapela dalla sua pittura, dalla sua ansia di ricerca e l’esigenza di scavare in quell’aspetto, a volte drammatico, che esiste anche nella realtà della natura tanto che le sue immagini sono tese sino al limite del dramma e questo è dato dai turgori umorali che sotto il tessuto narrativo si mantengono in costante attesa di eventi emotivi mai placati e che si estendono in impennate felici della cromia e di intuizioni pittoriche svariano dai bleu cobalto ai rossi vermiglione e ai gialli di cromo che danno l’idea dei mari in tempesta, delle burrasche e degli elementi in continuo conflitto tra di loro.

 

L. del Sal

La personale a Ruda, settembre 2004

Ricordavo dei quadri di Arrigo visti due anni fa, le plaghe colorate che si rincorrevano verso l’infinito e si specchiavano l’una sull’altra, quasi in contrappunto, mentre timbri lineari, scuri fermavano le strutture in movimento. Sembravano siepi che sprofondavano in acquitrini, barene vaganti, lagune irreali.In questa mostra ritroviamo ancora alcuni aspetti: le fasce colorate, i colori puri, alternanza di colori caldi e freddi, predominanza del bleu, del rosso e del giallo…laghi di colore…

Ma ora s’addensano ombre e oscurità, si accentua l’uso dei neri e dei bruni, si accrescono il movimento e la liquidità coloristica.

Ora Arrigo esaspera i ritmi, forza i registri, tortura gli accordi.

E’ come se il pennello attingesse alla riserva delle forze vitali, non solo all’esasperata sensazione visiva, non solo alla dimensione di memorie smarrite, ma al mare profondo e ribollente dell’essere da cui provengono le spinte dell’agire.

La spazialità a pieno campo, il dinamismo cromatico, la forma che si emancipa dalle sue valenze segniche fanno emergere sensazioni, emozionalità, …le pieghe e le piaghe del profondo.

Il colore scorre, si condensa o s’inceppa sulla superficie con passaggi, stacchi e stasi creando una sospensione del reale.

Il paesaggio è tutto interiore, è mentale o meglio psichico, ma non solo: le terminologie astratte rese intense da un rapporto di associazione e dissociazione dei timbri creano una dinamica compositiva che proietta la realtà psichica in una realtà, direi, esoterica.

E se nel recente passato Arrigo si rifugiava nelle scioltezze coloristiche, nella materia fluida per dare valore all’attimo e pretesto al soggettivo, ora impone al suo linguaggio un valore nuovo, a tratti quasi cruento, una autonomia coloristica che si fa espressività simbolica, per cui il quadro si fa, sì, spazio di evocazione, ma anche di una verità indimostrabile, magica, dove forme e luoghi trovano una giustificazione poetica.

In questo magismo irrituale, appaiono tracce di sacralità segrete, di paure ancestrali…

Ci accorgiamo ora che la creazione pittorica si fa carica emozionale per lo spettatore, che è portato a confrontarsi con questo universo visivo di grande suggestione.

Le pieghe e le piaghe dell’anima non sono solo dell’Artista, ma anche dell’Altro, di colui che guarda e legge il quadro.

A questo punto quella forma che è idea della forma, o meglio, anima della forma, può anche suggerire la possibilità di descrivere e narrare…

Le lagune allora si increspano, l’aria, l’acqua, la terra e il fuoco si rincorrono verso l’infinito in fasce colorate, neri steccati avanzano per costruire barriere e prigioni, gli stagni sono occhi giganteschi, pupille dilatate, crateri che aprono sull’inferno, spazi di silenzi e solitudini….ma i fiori hanno steli smisurati, che s’innalzano sempre di più, qua e là, azzurrità verticali, i fiotti dei rosa aprono varchi di luce: sono le grida al sole di un antico fanciullo.

 

Maria Luisa Covassi Caterisano

Ruda, 25.9.2004

"La pittura di Arrigo Francesco Morsut di Haltranstadt: Aldilà del Nulla tra Arte e Musica"

La pittura di Arrigo Morsut di Haltranstadt nasce dal Movimento perpetuo delle Idee, è Suono che si fa colore incandescente. tra orizzonti che si moltiplicano, quasi mondi capovolti, scorre la potenza della materia, cola lava di colore che fissa visioni dell'Oltre, vivissime forme che cristallizzano il Trascendente. Archetipi di adamantina potenza vangogghiana muovono il Colore tra Luce e l'Ombra. E' il Perpetuo divenire della memoria che si fa vocazione pittorica e poetica, urgenza filosofica che filtra il fluire del Tempo per stillarne campionature da fissare nel Segno.

Sono vere memorie stravinskiane le sue, ma ancora prima, lasciti brahmsiani e suoni che si adagiano nella tela come danza infinita. Il parallelismo con la musica è d'obbligo. Ma è quello con la Poesia che emerge potente: è quasi parola universale, sintetica. Dalla continua matrice del talento nascosto e si stemperano i gesti che portano la versione definitiva dell'opera attraverso la sintesi profonda dell'Uomo che si fa carico dell'intera umanità
: dal dolore necessario a sostenere lo sguardo verso la moltitudine, l'Artista sa trarre la forza necessaria dalla testimonianza e del ricordo, della profezia e della ragione.

E' la follia del vivere che produce l'Arte, come l'Arte specchia il vivere.

L'assoluto si svela e si rileva continuamente nel quadro, e il quadro entra in risonanza con l'anima dell'osservatore, proponendogli mutate angolazioni, rinnovati punti di vista, come se lo stato nel quale si trova svelasse continue generazioni di colore e nuovi movimenti: il Moto dentro l'Opera. La fantasia dell'Artista è il motore generatore che raccoglie le sfide di lasciti chagalliani per lanciarli in future visioni del mondo, in profetiche forme. La diversità di Arrigo Francesco di Haltranstadt sta nella sua sfida pittorica e poetica, nel coraggio di fissare le proprie opinioni contro la banalità delle facili seduzioni del contemporaneo.

Si pone oltre schemi e scuole, oltre catalogazioni impenitenti.

E' Potenza della pittura che ancora si dipinge, prezioso dono donato senza riserve e senza censure.

 

Venezia, 1 giugno 2008

Anna Barutti